Tipologie di diabete

  • Diabete di tipo 1: in questa forma di diabete l’organismo non è più in grado di produrre insulina. Spesso si evidenzia durante l’infanzia o l’adolescenza.
  • Diabete di tipo 2 (diabete dell’adulto o non insulino-dipendente): è circa 10 volte più frequente del diabete di tipo 1.
    L’organismo, è ancora in grado di produrre insulina, ma in quantità insufficiente. Generalmente, il diabete di tipo 2 si sviluppa in persone con più di 40 anni, in sovrappeso e con una storia familiare di diabete.
  • Diabete gestazionale è una forma di diabete che viene diagnosticato per la prima volta durante la gravidanza e generalmente non dà sintomi. Nella maggioranza dei casi scompare dopo il parto.
  • Altre forme di diabete: esistono casi in cui il diabete è il risultato di rare forme geneticamente determinate, o è conseguente a interventi chirurgici, all’uso di alcuni farmaci o legato a una reazione del sistema immunitario contro i recettori per l’insulina normalmente presenti nelle cellule o contro l’insulina.
Dieta per diabetici
ALIMENTAZIONE ADATTA
Qualunque sia il tipo di diabete ed il trattamento farmacologico prescritto, la persona con diabete deve assumere alimenti simili, per composizione e quantità, a quelli consigliati alla popolazione generale per mantenere un buono stato di salute.

Una dieta deve essere equilibrata in termini di macronutrienti (carboidrati, proteine, grassi) e generalmente su uno schema a cinque pasti giornalieri.

Nel diabetico di tipo 1 è possibile anche uno schema dietetico suddiviso in tre pasti che vanno somministrati in vicinanza della terapia insulinica.
La regola degli spuntini si rivela utile nel mantenere un controllo soddisfacente in caso di terapia insulinica intensiva e anche nel diabetico di tipo 2

La dieta ottimale per il diabete proposta dall’American Diabetes Association (ADA 2005)

Essa si basa su una quota totale di carboidrati variabile dal 45 – 55 % delle calorie totali. Numerosi studi hanno evidenziato che anche il saccarosio non aumenta la glicemia più dell’amido; inoltre benché l’uso di alimenti a basso indice glicemico possa ridurre la glicemia postprandiale, non vi sono sufficienti evidenze su benefici a lungo termine tali da raccomandarne l’uso come strategia primaria nel pianificare l’alimentazione.

Per tali motivi, lo zucchero comune non deve essere quindi vietato, ma adeguatamente conteggiato nell’apporto calorico totale sostituendo altri carboidrati: l’apporto totale deve essere inferiore ai 20 grammi al giorno.